Quando è morto, in una data a me nota per coincidenti passate provocazioni, il Compagno Emanuele Battain, di professione Avvocato, di natura e stile Antifascista e Solidale, in essenza Uomo e galantuomo, come si suol dire, aveva ripreso da alcuni anni a difendermi, dopo che per circa una quindicina di anni la mia ostilità verso i dissociati che in alcuni casi lui aveva difeso con la volontà non di condividerne le scelte ma di trarli dal carcere prima possibile, mi aveva permesso solo sporadici incontri con lui ma senza particolari incarichi di difesa.

Mi difese, con altri suoi colleghi del tempo che a Venezia non mancavano, figli della Resistenza, e tuttaltro che successivamente revisionisti (in materia di antifascismo, ché di revisionismo ce n’è un altro che prospera più o meno indisturbato grazie alle polizie di questo stato), una prima volta nel 1975, quando buttammo fuori dal liceo Benedetti di Venezia, una pattuglia di fascisti e accoltellatori. Il tribunale era un consiglio di disciplina, la nostra età veramente giovane.

Una seconda volta, e poi altre ancora, quando mi arrestarono per un incendio mentre un gruppo di compagni in uno scantinato stavamo, dissero, preparando ordigni micidiali di natura chimica (1977).

Di lui voglio ricordare lo spirito ALTO, la disponibilità ed il METODO. Emanuele Battain, con tutti i pro e i contro che si possono attribuire ad un militante della “4° Internazionale” (trotskisti), era l’avvocato che per disponibilità più si avvicinava a quella Proposta, che scrissi nel 2004, per un Nuovo Movimento di Avvocati legati al futuro Fronte rivoluzionario delle Masse Proletarie e Popolari che dovrà necessariamente far piazza pulita sul campo degli orticelli, e dare organizzazione alle masse nell’inevitabile sviluppo della guerra popolare.

Dicevo del suo trotskismo, acquisito dopo la Resistenza (militò in Giustizia e Libertà, che era un gruppo repubblicano antifascista ma non anticomunista a priori), quando in Italia, a parte le azioni della Volante Rossa e i tentativi di riavviare il movimento partigiano in Piemonte, essere “comunisti” significava essere seguaci di Togliatti. Non posso volergliene, ad Emanuele. Togliatti è stato il primo esponente significativo del revisionismo 2° maniera (la prima quella di Kautsky e Bernstein), ed è stato un autentico distruttore di compagni e militanze, un distruttore di ardori rivoluzionari e di speranze delle masse, uno che invitava alla pace mentre sulle strade d’Italia contadini ed operai pagavano in fiumi di sangue le proprie lotte per indispensabili bisogni di sopravvivenza e dignità.

Ed anzi debbo dire, che lo schieramento contro Bertinotti al congresso del cinema del Lido, che “rifondazione comunista” tenne alla “Biennale del cinema” e non al Capannone del Petrolchimico (vergognosi, non fosse altro che per la spesa !) che commentammo insieme, scherzandoci sopra, e lui con una punta di amarezza, fu un atto nel quale ebbe una rilevante parte lui stesso.

Francesco Moisio, che è sempre stato marxista-leninista e maoista nei 60-70, ed Emanuele Battain, che è sempre stato, da comunista, trotskista, ebbero una parte significativa nella lotta del 2004, che come adesso, era diretta a sputtanare e dimostrare le pratiche torturatorie, che siano di polizie di destra e di sinistra insieme non ha importanza, sono dello “stato”, di quello stesso stato che certo Emanuele non amò all’epoca delle leggi speciali tuttora perduranti.

Oggi voglio ricordare che Emanuele, alla sua bella età, venne da Venezia a Biella per perorare la continuazione della istruttoria contro le guardie GOM di Biella da me promossa con denunce, e poi venne fino a Spoleto, a trovarmi, complimentandosi del movimento che “avevo” secondo lui messo in piedi, e che invece era il frutto buono di 20 anni e passa di battaglie a fianco dei prigionieri rivoluzionari in lotta nelle galere.

E che odiasse la vostra emergenza da paggetti, signori Giudici che vi siete permessi di cerebrarlo, è un dato storico, tant’è che scelse di far parte con orgoglio del collegio difensivo degli Operai di Trento della IGNIS-IRET che misero alla gogna direttori di fabbrice e fascisti nel luglio (se non erro) 1970. All’epoca forse il pm politico casson aveva i moccoli al naso. Io certo avevo 11 anni, ma già mi piacevano gli operai, e non i giudici e le loro emergenze.

Ed Emanuele questa emergenza, iniziata a Piazza Fontana ed intrigata di inciuci fascisti e militari, la odiava, ma in silenzio, finché non si innalzava la sua dialettica nelle appassionate arringhe e nella brillante logica didattica con cui discuteva senza problemi con (quasi) chiunque.

Era avvocato, non guerrigliero.

Ma la odiava.

 

Paolo Dorigo

22-10-2006