ANTIFASCISTI LIBERI SUBITO

 22-4-2006

Sabato 11 marzo 2006, le autorità cittadine di Milano, città medaglia d’ora alla Resistenza, hanno deciso di autorizzare il corteo dei neofascisti della Fiamma Tricolore, una formazione di estrema destra che fa di fascismo, razzismo e intolleranza le proprie bandiere.

L’autorizzazione è stata rilasciata nonostante la legge n. 645 del 23/5/1952 preveda sanzioni reclusive per il delitto di apologia del fascismo e sancisca che la “riorganizzazione del disciolto partito fascista si intende (ai sensi dell’art. 1 della citata legge) riconosciuta quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.

Di fronte ad una scelta scellerata che offende la memoria antifascista e di fronte al silenzio e alla marginalità di tutte le forze democratiche che si riconoscono nella Costituzione italiana nata dalla Resistenza antifascista, alcune centinaia di giovani antifascisti hanno deciso di dare vita a un corteo non autorizzato per arrivare ad occupare la piazza da cui sarebbe dovuta partire la parata di Fiamma Tricolore. L’idea era quella di tenervi una conferenza stampa che potesse denunciare l’illegalità di una tale manifestazione, rompere il silenzio di tutti gli organi politici e istituzionali e negare, con determinazione e fermezza, la provocatoria sfilata di croci celtiche, di bracci tesi e saluti romani, di inni al duce e lugubri simboli fascisti, di negazionisti delle camere a gas ed esaltatori della repubblica di Salò.

Solo colpevolmente in ritardo, e davanti all’enormità del fatto, la Magistratura, ipotizzando il reato specifico di manifestazione fascista (art. 5 suddetta legge), ha aperto una inchiesta sulla manifestazione dei neofascisti, quando ormai gli incidenti tra giovani antifascisti e forze dell’ordine erano già scoppiati con la conseguente campagna mediatica di criminalizzazione da parte della stampa e di tutte le forze politiche, che hanno sfruttato l’evento per meri scopi elettorali.

Tuttavia la responsabilità degli incidenti è stata di chi aveva il potere e il dovere di impedire e vietare lo svolgimento il corteo neofascista, in quanto illegale e anticostituzionale, di chi provocatoriamente ne ha legittimato l’agibiltà e di quella parte della politica che, pur facendo dell’antifascismo un valore acquisito, ha dimenticato questa funzione lasciando soli i giovani antifascisti i quali hanno cercato di riempire un’apatia e un vuoto politico sconcertante, cadendo nella trappola di arresti e di strumentalizzazione studiata ben prima della loro discesa in campo.

Oggi, a più di un mese di distanza e nonostante vi siano solo imputazioni e nessuna condanna di alcun giudice, 25 antifascisti (di cui 8 reggiani) si trovano ancora in carcere secondo una accusa che, a prescindere dalle condotte specifiche dei singoli arrestati, si basa sul concetto di concorso per cui è la semplice partecipazione al corteo antifascista ad essere criminalizzata.

In opposizione ad ogni forma di sfruttamento, di pregiudizio e di distinzione razzista, classista,  sessista e culturale, l’antifascismo è  un fatto di lotta, di cultura e di coscienza intese ad affermare giustizie sociali e diritti collettivi, tolleranza, solidarietà, libertà.

Libertà per gli antifascisti arrestati.

 

 

Antifasciste e Antifascisti di Reggio Emilia