Paolo Dorigo

CARCERE COME TORTURA SISTEMICA
METODOLOGIE DELLA POLIZIA PENITENZIARIA E DEL DAP

 premessa

Nel febbraio – marzo 1997 mi trovavo nel lager di Opera (cfr. nel Libro Bianco del 1999-2000 in http://www.paolodorigo.it/LibroBiancoOpera.pdf nella pagina http://www.paolodorigo.it/carcere.html)e per circa due mesi lavorai “in prova” come tecnico informatico e sfaccinatore di bancali per la Spes, che occupava all’epoca circa 70 detenuti a memorizzare prescrizioni delle ASL della Lombardia. Questo lavoro (a cottimo, mentre io ebbi per due mesi uno stipendio) era stato “inventato” dall’arreso Moretti, con il placet del cardinal Martini e del DAP (all’epoca il lager di Opera era “gestito” da vari comandanti alle dipendenze del discusso direttore Fabozzi Aldo (che lo era a Voghera quando fu suicidato il detenuto Sindona, con un caffè avvelenato, lui che era l’unico uomo nell’allora unico nuovo carcere speciale femminile d’Italia, oggi carcere speciale gestito in continuità col passato con la collaborazione dei servizi segreti e anche di detenuti collaborazionisti). Moretti dai primi anni 90 era in semilibertà, e quando lo aveva “inventato” aveva avuto l’aiuto di tecnici esterni fornitigli dal carcere nel centro clinico dove era stato collocato, con due celle a disposizione. Dicevano i detenuti che agiva da “capo lavoro”.

In quei locali della Spes di Opera passai solo due mesi, rimediandoci dei danni permanenti alla schiena per il lavoro ai bancali, in quanto venni “punito” per aver diffuso delle fotocopie per una raccolta firma per l’abolizione delle grate reticolari alle finestre delle celle (cfr. http://www.paolodorigo.it/carcere/1997_04_appello_contro_reti_finestre_Opera.gif)

svolgimento

Un giorno, entrando, notai nel gabbiotto dei secondini, una guardia che leggeva un libro dal titolo “Se questo è un uomo” di Primo Levi.

Rimasi colpito perché quella guardia era una autentica carogna.

Ma fissando un attimo, guardai bene per quella mia curiosità ai libri che mi porto sin da bimbo, e vidi che era una pubblicazione della “Famiglia cristiana”, che all’epoca era distribuito gratuitamente a tutti i detenuti e che ogni tanto portava degli articoli sulle carceri, fuori dal coro o comunque non liberticidi. Un camioncino portava al magazzino i pacchi con 1000 copie o più, e poi le guardie di servizio ai piani li portavano su sezione per sezione. Poi si stancarono, e venivano dati ai detenuti che dal magazzino tornavano in sezione. In quel periodo, quel libro era il primo di una collana di libri gratuitamente diffusi con la rivista, per cui ero molto curioso di vederne l’edizione, e ci ero rimasto male al sapere che non ce l’avevano portato “perché non c’era nessun libro”. Era un evidente abuso. Chiesi qualcosa alla guardia, ma senza troppa convinzione, non potevo certo “subornare” che la coincidenza fosse sufficiente a pensare che i libri se li erano distribuiti tra loro.

 

Tuttavia la coincidenza c’era.

Più avanti nel tempo, riflettei sul perché una carogna leggesse un libro come quello.

Analizzando la questione, l’unica risposta che mi rimase fu che volevano specializzarsi nella tortura e nell’abuso sistematico meglio di quanto già non facessero con le loro “regole del luogo”, con le loro “circolari interne”, con i tiramenti di cazzo del comandante o del capoposto di turno.

 

Queste riflessioni sono state già iniziate varie volte e devo sistematizzare il lavoro, ma le pubblico qui come stanno per contribuire a mettere in luce che il carcere è tortura non principalmente per la negazione della libertà, in sé relativamente sopportabile da chi sappia farsene una ragione, quanto per le regole che vengono imposte alle persone.

 

Tenendo conto di tutto, sono comunque regole di merda.

 

INGRESSO

La procedura del denudamento

Viene effettuata all’ingresso in un nuovo carcere o al primo ingresso o al ritorno da processo (anche se si è sempre andati accompagnati in ogni attimo dalle stesse guardie del carcere, pur non effettata sempre in certi casi sono ragionevoli)

I motivi di sicurezza addotti sono già di per sé risibili se si pensa all’uso della paletta anti.metalli (quasi ovunque)  e dei cani anti-droga (non ovunque).

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Effetti personali

Il concetto nazista è che ogni effetto personale deve essere trattenuto per essere controllato. Quindi nei primi giorni (o a volte anche settimane ma è successo anche mesi) anche gli oggetti portati addosso possono essere trattenuti.

I motivi di sicurezza addotti sono già di per sé risibili in strutture costantemente ipercontrollate.

 

 

Traduzione

Si possono portare con sé solo 8 kg di “roba” in scomodi zainetti spesso malconci.

Anche se il furgone è destinato in quell’occasione al solo trasferimento di quella persona o due, e vi sono “cellette” del tutto vuote. Il resto se arriverà, arriverà anche dopo un mese.

Il viaggio è una tortura, non vedi fuori, respiri gas se aprono una portiera o uno sportello col motore acceso, vomiti se hai bevuto qualcosa, non puoi mangiare o bere qualcosa se non trovi un caposcorta “civile” (cestino o sosta in piazzola di servizio) e anche se lo fai appunto rischi il vomito, specie per viaggi di 10-15 ore.

Non sempre per viaggi lunghi infatti puoi avere la traduzione in aereo (io su 70 traduzioni circa in 15 carceri in 14 anni non ho mai viaggiato in aereo, considerando circa 20 di queste oltre i 300 km).

Può capitare che si rimanga fermi per i pasti delle guardie, al che mangiano uno o due alla volta, con il risultato di restare in furgone anche per 2 ore in più.

Le manette sono seghe per i polsi, e la “cinghia” pare fatta per cani, è certo meno dignitosa degli schiavettoni usati una volta dai carabinieri.

I furgoni sono sempre più enormi e veloci, quindi anche più pericolosi. Una detenuta è morta tra le lamiere verso Vicenza alcuni anni fa per un grave incidente ad un furgone.

Le portelle dei furgoni sono delle grate fatte a buchetti che danno un forte senso di oppressione e di mancanza visiva (a parte quelli piccolini con le sbarre, dove però si viaggia con la schiena al lato e quindi non coerente al senso di marcia del mezzo).

Bisogna sopportarsi le conversazioni degli sbirri, a volte pure le loro scorregge (ma qui si può in qualche modo corrisponderle) e più raramente pure i bip bip dei loro giochino al telefonino o le conversazioni con le loro mogli al telefono.

Non si risce se non con grande difficoltà e per rarissimi attimi, ad avere una cognizione di dove si è e del percorso.

Raramente si può chiedere dove si è.

È vietato fumare.

 

 

 

Permanenza in cella, Perquisizioni

A parte i circuiti speciali 41 bis, EIV, e 14 bis (temporaneo), è difficile avere una cella singola anche se si hanno molti anni da scontare. C’è poi sempre qualche ergastolano che ha più diritto degli altri.

Le persone disabili vengono accudite per alcune ore retribuite al giorno (su disposizione del medico se non è un aguzzino particolarmente feroce o incattivito con la persona disabile in questione) da un “piantone”  cui tuttavia non vengono dati grandi mezzi per sostenere la persona disabile che, non potendo lavorare, se priva di propri mezzi economici (vaglia familiari ecc.) si trova a dover dipendere dagli altri anche per quelle semplici cose che l’A.P. dovrebbe fornire ma non fornisce spesso né regolarmente.

Le celle sono molto piccole e le concessioni (armadietti per es., 2°tavolino, ecc.) vengono sempre messe in discussione dalla logica sicuritaria delle guardie che si lamentano della “troppa roba” da controllare, ogni volta come se la persona fosse appena giunta in carcere, in occasione delle perquisizioni, specie quando le perquisizioni vengono attuate da guardie di altri reparti o addirittura (ministeriali) da altri carceri.

Oltretutto pare ci siano nei circuito 41 bis, EIV, 14 bis, AS, persino microtelecamere o infrarossi nei muri, per cui è anche una beffa la perquisa stessa.

Un esempio: nascondo una cosa particolare in un luogo. La sera prima mi viene indotto di usarla e la lascio in un posto diverso da quello solito. La mattina immancabilmente, perquisizione e mi viene sequestrata, magari senza alcuna comunicazione. Nessuno era in cella con me e non ne parlai con nessuno.

Un altro esempio diverso: lascio una cosa in un posto visibile, vietata. Nessuno me la tocca neanche con la perquisizione. La sera prima la nascondo bene. Mi viene sequestrata alla immancabile perquisizione. Nessuno era in cella con me e non ne parlai con nessuno.

Un terzo esempio. Perquisizione giudiziaria con diritto di presenza (prima volta nel 2005, in precedenza mai avuto questo diritto). Controllo delle mie carte, sequestro dei computer. Disposizione delle loro forze: un digos fuori, porta un tavolino davanti alla cella e si scorre la posta messa via una lettera alla volta, anche se già censurata, non si limita cioè a vedere o tastare se nelle buste è nascosto qualcosa. Un altro digos a distanza fuori con lui. Un altro digos in cella dalla parte della finestra, a scorrersi cartelle, vestiti, libri, ecc. Molto accurato. Un ros-roc in borghese, alla perquisa con loro, è dalla parte dove ci sono le cartelle della controinchiesta (appunti, disegni, dattiloscritti, documenti), abbastanza visibili e voluminose. Non la tocca nemmeno, guarda tutto il resto. Sapeva evidentemente (ed il suo ghigno lo faceva intuire chiaramente) che era per loro dannoso sequestrarne anche un solo foglietto.

 

Rapporto direttore-guardie-personale civile

Oramai non c’è quasi mai differenza, da quando qualcuno ha avuto la bella idea di permettere a ex guardie, ex poliziotti, ecc., di partecipare ai concorsi per funzionario dirigente. In ogni caso la totalità dei direttori di 1° livello (cui sono affidati i carceri speciali) sono anche agenti SISES o comunque degli Interni (SISDE o simili).

Il personale civile è militarizzato di fatto.

Ma se non dovevano essere militarizzati nemmeno gli agenti di custodia ?

Dall’inizio dei ’90 hanno i sindacati, com’è che tutto è andato in peggio da allora ?

Addirittura con le doppiette di suicidi nello stesso carcere nella stessa notte ?

Ci sono poi rapporti amichevoli e forse anche personali nel personale di custodia, e spesso matrimoni (per es. un tempo a Belluno il comandante era sposato alla educatrice, a Biella un direttore era sposato alla prima educatrice, a Spoleto una guardia era fidanzato con un’infermiera). Il problema si pone rispetto alle particolarità di ciò che è un carcere, e alla poca delicatezza del personale rispetto alla sensibilità e debolezze psichiche inevitabili di chi è detenuto per lunghi anni (mancanza di sesso ecc.).

 

Rapporto personale di custodia-familiari in visita

Spesso e volentieri battute, abusi, ruberie del mangiare (rare ma non infrequenti), offese ed addirittura palpeggiamenti (punti con premio come nel caso di un ispettore di Opera responsabile dei colloqui finito poi a dirigere un reparto intero), non mancano nei confronti dei familiari in visita.

I più frequenti abusi sono: ritardo all’ingresso, scarsità di personale per registrare il permesso, ripetitività di controlli (documenti ecc.), perquisizioni offensive della dignità dei familiari, anticipato termine dei colloqui, orologi murali fermi o sballati, con ritiro pregresso di oggetti personali e orologi ai parenti, irradiazione del mangiare e dei vestiti per “motivi di controllo”,  ecc.

 

(segue)

(prima stesura 1 agosto 2007)