Considerazioni sulla situazione generale

La manifestazione del 16 ottobre 2010 ha visto centinaia di migliaia di operai, studenti e lavoratori, partecipare abbastanza compatti a Roma ad una grande manifestazione politica della classe operaia e del proletariato intero, indetta dalla Fiom, la parte sindacale più attaccata dalla borghesia all’interno dei sindacati confederali della cui direzione la borghesia negli ultimi decenni si è praticamente quasi del tutto appropriata.

Gli organizzatori avevano diviso la manifestazione in due cortei ed in un comizio a più voci (ma tutte controllate nell’ambito della Fiom) in una delle piazze centrali di Roma, dividendo la manifestazione in due cortei, molti settori antagonisti dei cortei, in particolare quello partito da Piazza della Repubblica, non sono nemmeno riuscite ad arrivare in piazza nei momenti più importanti della manifestazione.

I media ed i partiti reazionari nei giorni precedenti, al fine di indebolire il carattere di lotta di questa manifestazione contro la politica in atto ai dani della classe lavoratrice e delle masse, avevano fatto gran battage per delineare possibili “incidenti” e atti “eversivi”, addirittura cercando di criminalizzare gli “stranieri” che potevano infiltrarsi.

Questi due aspetti non hanno tolto nulla al dato essenziale di ciò che è emerso in piazza: una gran voglia di lottare e di esserci in forma Politica, di una parte significativa delle masse operaie.

La dimostrazione invece della debolezza Politica della classe operaia in questa fase, è data dalla situazione della rappresentanza politica, delle organizzazioni, che si sono presentate a fianco degli operai in piazza oggi.

Se si esclude Proletari comunisti, che con i giovani di Red Block hanno contestato Epifani durante il suo comizio, si comprende che la quantità copiosa di gruppi politici partiti e partitini in piazza a proporre il loro Partito, Partito comunista “dei lavoratori”, Partito della “rifondazione” comunista, Partito dei “comunisti italiani”, Partito “operaio”, Partito dei Carc, Lotta comunista, Organizzazione comunista “internazionalista”, ecc.ecc., non ha espresso in alcun modo un antagonismo concreto o una disponibilità a costruire un “blocco” che fosse visibile di una “proposta” diversa. Del resto, se la proposta non c’è, non può esserci nemmeno un “blocco”. Questo è emerso anche rispetto alla mancanza del blocco “antagonista” che poteva darsi come indicazione dopo la assemblea di Napoli del 21 maggio.

È come se, di fronte ad una scadenza così importante, tutti i partiti e gruppi, si presentassero “all’esame” delle masse, mentre così proprio non è, non in questa situazione se non altro. L’”esame” delle masse è un lavoro difficile, lungo, poco visibile, faticoso e che non di rado lascia sul campo sogni e porta a dolori. Ed è pertanto che ci possiamo permettere di dire, come componente che viene dalle lotte dell’autonomia operaia e che arriva ora dentro questa situazione, alla maturazione di un nuovo soggetto politico operaio di sfruttati ed immigrati cui sono negati i più essenziali diritti, che non è il dato specifico della proposta di un gruppo a poter emergere come dato significativo, ma bensì è nel come si arriva a queste scadenze, che si verificano le cose. Poco serve contestare o rimarcare dopo, queste scadenze sono iperorganizzate, se le componenti che si propongono di essere di avanguardia, lo sono già, bene, se lo sono ma solo in poche situazioni, e per il resto, il grosso di queste componenti, o teme il confronto (la decisione dello Slai cobas di Pomigliano di non esserci) o comunque non ci arriva in unità, ma ci arriva con differenze che sorgono dal proprio codismo verso la Cgil, bè questo dimostra che, come in altri passaggi importanti della ns.storia operaia e comunista in Italia, manca il Partito della direzione rivoluzionaria.

Essere l’avanguardia nella visibilità (la contestazione al comizio finale) è importante, ma ciò che conta è e sarà esserci nel momento in cui dalle lotte crescerà quel Partito che non avrà bisogno di fischiare, quel Partito che si imporrà come l’unica e la giusta soluzione.

Il Partito della Rivoluzione.

Ieri a Roma, non c’erano solo quei compagni che hanno contestato in quel momento, c’erano decine di spezzoni antagonisti, che non sono riusciti nemmeno ad arrivare in tempo per lo spettacolo, come c’erano migliaia di compagni e  compagne che si riposavano, che proprio di ciò che dicevano o meno dal palco interessava meno.

Questa manifestazione è stata importante, ha portato in piazza con circa 500 striscioni, circa 200 mila lavoratori, forse più. Ognuno di quegli striscioni chiedeva parte e spazio. Ma non è con le foto e con le videocamere che si fa la Rivoluzione.

 

(Questi commenti a caldo non vogliono essere esaustivi, ma certo non si pongono nei termini “classici” del gruppismo)