www.paolodorigo.it 13-12-2005

 

IL DELITTO

LA DIGOS DI MODENA SEQUESTRA MOHAMMED DAKI E LO ESTRADA IN MAROCCO PAESE OVE I DIRITTI UMANI NON ESISTONO, OVE UN MONARCA ASSERVITO ALLA BORGHESIA IMPERIALISTA OCCIDENTALE, FA SCEMPIO DELL’UMANITA’ DOPO AVER DISPOSTO PER LUNGHI ANNI ATTIVITA’ TERRORISTE ANTIPOPOLARI.

 

LA NOTIZIA

IL COMUNICATO Carc Modena

Sul rapimento di Daki


Mentre Berlusconi ribadisce seccato che il governo italiano non era a conoscenza del piano della CIA per il rapimento di Abu Omar (Imam della moschea di Milano) e cerca di rilanciare alla Rice la patata bollente di un operazione scandalosa condotta dai corpi scelti del governo Bush a sfregio di qualsiasi legge e convenzione internazionale sui diritti umani, il ministro dell'interno Pisanu firma personalmente l'operazione per il rapimento di Daki.
La Digos è entrata nella sede della Caritas a Reggio Emilia dove era ospitato Daki, lo ha prelevato e lo ha imbarcato sul primo volo per il Marocco, da quel momento, nonostante le autorità italiane sostengano di averlo consegnato alla polizia locale, gli avvocati ed i familiari hanno perso qualsiasi contatto.
Berlusconi ci teneva a far sapere al suo padrone a stelle e strisce che anche lui era in grado di mettere in piedi un rapimento in piena regola e che non gli servivano certo lezioni dalla CIA.
Daki era stato arrestato con l'accusa di terrorismo internazionale ma le due istanze di giudizio a cui è stato sottoposto lo hanno scagionato. Alcune settimane fa Daki aveva denunciato di essere stato interrogato illegalmente da agenti della CIA all'interno del Palazzo di Giustizia di Milano (per la precisione nell'ufficio del giudice D'Ambruoso). Puntualmente dopo questa dichiarazione, Daki è deportato in Marocco e lì scompare. Nonostante Daki fosse stato scagionato dalle accuse che gli si portavano, il governo italiano, tramite il ministro Pisanu, lo ha oggettivamente consegnato a quelle forze (CIA, polizia politica del Marocco, Mossad?) che da giorni lo tengono prigioniero chissà dove e al di fuori di ogni legalità.

Questa è la democrazia di cui si riempiono al bocca la borghesia imperialista e i suoi leccapiedi!
Questi signori devono restringere le libertà individuali, di espressione, di associazione e di opinione per difendere il sistema che li pasce, devono istituire tribunali speciali e forze che agiscano oltre qualsiasi legalità per reprimere tutte le forze che si levano contro il loro dominio e la loro oppressione.
Oggi i teoremi sul terrorismo internazionale vengono usati per istituire leggi speciali e misure d'emergenza; la difesa della patria contro l'invasione islamica, la santa alleanza contro il terrorismo sono armi che la borghesia mette in cantiere per contrastare la rinascita del movimento comunista, per perseguitare antimperialisti, anarchici, antifascisti, ecologisti, per combattere tutti i "banditi" che vogliono rovesciare il suo potere.

Oggi è il 12 dicembre, sono passati 36 anni dalla strage di stato di Piazza Fontana, il ricordo della bomba nella banca dell'agricoltura è vivo nella mente e nel cuore di chi lotta contro la borghesia e il suo dominio ma la faccia più brutale e sanguinaria della borghesia non è un ricordo del passato, è un presente fatto di rapimenti, di CPT, di prigioni come Guantanamo e Abu Graib, delle cariche di Genova e della Val Susa, di migliaia di prigionieri politici, di umanità calpestata in ogni angolo del mondo.

Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo CARC
Sezione di Modena

 

IL RETROSCENA

REPUBBLICA (4 febbraio 2005)

E' uscito in serata dalla Questura. Gli è stata notificata
una richiesta di obbligo di firma e di dimora
Daki liberato a Milano
"Resto, si deve sapere la verità"

Mohamed Daki

 

MILANO - Mohammed Daki è libero. "Non sono un terrorista e non so perchè mi sono ritrovato in carcere. Ma non mi sento una vittima" dice il magrebino a cui è stata notificata una richiesta di misura di prevenzione speciale, che dovrà essere discussa in una apposita udienza davanti ai giudici milanesi.

E' questo uno degli atti che sono stati notificati in questura al marocchino dopo il suo rilascio dal centro di permanenza temporanea di via Corelli. L'altro ha riguardato il decreto di espulsione del ministro Pisanu, sul quale è mancato il nulla osta della magistratura.

L'applicazione della misura di prevenzione verrà discussa in un'udienza del 18 febbraio: tale misura riguarda l'obbligo di firma due volte al giorno, l'obbligo di dimora e di indicazione della permanenza notturna in una località scelta dallo stesso Daki.

Dovrebbe trattarsi di una località nella zona di Reggio Emilia, dove il marocchino si è diretto con il suo avvocato dopo aver lasciato la questura di Milano.

Adesso Daki è libero, fra molte polemiche. "E' stata dura, in questi anni - dice -. Ma adesso sono più sollevato, ho solo bisogno di una bella dormita". Le ultime ore sono trascorse fra paura e speranza. "Sì, ieri mattina - ammette - ho avuto paura di essere rimandato via, in Marocco e poi da lì magari mandato negli Stati Uniti". Ma invece i magistrati lo hanno tenuto in Italia perchè deve essere ancora giudicato. "Scappare? No, non voglio scappare, anzi ho paura di essere espulso. Voglio invece sapere cosa succederà nel processo d'appello. Voglio che si sappia la verità". Solo allora se ne andrà. "Non voglio restare in Italia, perchè ho paura che, prima o poi, mi mandino in Marocco". La sua intenzione è di chiedere asilo politico in un paese europeo nel Nord, in Norvegia o in Svezia.

Ci tiene a ribadire: "Non sono un terrorista. Se lo fossi, sarei scappato dopo che mi avevano fermato la prima volta e poi rilasciato. Se avessi aiutato a mandare la gente in Iraq, ci sarei andato anch' io". Invece racconta che si lasciò arrestare, andando in questura a Reggio Emilia per chiedere aiuto perchè, dopo il fermo, i suoi coinquilini non volevano che vivesse più con loro. Fu arrestato dopo alcune ore, "mi misero in testa anche un cappuccio", racconta.

Poi, il carcere. "Ho sempre pensato a mia moglie e mio figlio. Muhaad ha quasi 8 anni, non lo vedo dall'ottobre del 2002". Con una parentesi. Racconta di essere stato portato, nell'ottobre 2003, a Palazzo di giustizia per essere sentito da alcuni agenti dell'Fbi, senza che il suo avvocato fosse presente. "Mi hanno minacciato di farmi passare vent'anni in prigione o di portarmi in Marocco, dove mi avrebbero torturato. Mi sono spaventato, da lì ho cominciato a star male, ho avuto male di stomaco". Volevano sapere "degli altri ma non mi hanno mai contestato delle cose che avrei fatto io". E adesso? "Vorrei trovare un lavoro in attesa che si definisca la mia posizione perchè la gente non sa la verità, non la conosce".