IL SISTEMA OCCULTO

 

 

In qualsiasi manuale di storia contemporanea troverete riferimenti abbastanza precisi relativamente alla nascita delle grandi democrazie occidentali del dopoguerra.

La nuova Costituzione repubblicana dell'Italia antifascista sanciva il ritorno di garanzie di legalità diffusa nel territorio della nazione. Un sistema di regole precise avrebbe dovuto governare da quel momento in poi con trasparenza assoluta la politica istituzionale, favorire lo scambio delle opinioni, assicurare lo sviluppo economico e le pari opportunità per ciascuno. Sfortunatamente i fatti dimostrano il contrario. Basterà leggere il Primo rapporto sul sistema di informazione e sicurezza, da qualche settimana pubblicato per i tipi di Laterza, per rendersene conto.

Il Comitato di controllo parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, presieduto oggi dal Senatore Brutti, venne costituito nel 1977, ope legis come si dice in linguaggio tecnico. La legge in questione è la numero 801 del 24 ottobre 1977, quella che istituiva e ordinava i servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplinava la materia del segreto di Stato. Per uno di quei giochi straordinariamente efferati dell'ordinamento costituzionale italiano, uno dei tanti a dir la verità, il Comitato ha ripreso a funzionare soltanto nel 1994 e nel giro di pochi mesi, per l'esattezza settembre 1994-marzo 1995, ha acquisito 327 documenti ed una mole ingente di notizie generali sulla struttura reale dei Servizi segreti. L'attenzione del Comitato si è concentrata sulle attività del SISMI (Servizio informazioni sicurezza militare) e del SISDE (Servizio informazioni sicurezza democratica), nonchè su quella del CESIS, organo di coordinamento tra i due Servizi istituito dalla stessa legge 801. In particolare sono stati affrontati i problemi connessi agli scopi ed alle varie forme di intelligence nella lotta contro la Mafia e i gruppi criminali organizzati. Tuttavia tra il 1977 e il 1994 molti tragici avvenimenti si sono accavallati l'uno sull'altro nella storia quasi scabrosa di questo Paese dilaniato da conflitti sociali e sanguinose operazioni stragiste, un racconto dalla inimmaginabile violenza dispiegato attorno e dentro alla vita di ignari protagonisti, come la maggioranza di noi è stata per molto tempo, di vicende ancora tutte da chiarire.

Soltanto il prezioso lavoro della Commissione Stragi, fino a che è stato possibile farla funzionare, e la tenacia paziente di Libero Gualtieri hanno fatto da contrappunto alla logica tremenda di quanti hanno cercato, con sistematicità impietosa, di cancellare la memoria storica degli ultimi trentanni almeno. Dunque per indagare sulle stragi e le attività dei Servizi, organi dello Stato in teoria, deve essere instruita una Commissione apposita, un'intervento di carattere straordinario che supplisce alla mancanza dell'interessamento ordinario, stabilito senza ombra di dubbio per legge, delle istituzioni preposte, il Comitato di controllo appunto.

Ma addentriamoci di più nello specifico della 801 che all'epoca aveva pretesa di essere la soluzione all'annoso problema dei Servizi di sicurezza, già ampiamente corrosi dalle attività illegali del SID, il Servizio informazioni difesa agenzia nazionale della Loggia segreta P2 capitanata dal Venerabile Gelli, e ancor prima dagli scandali golpisti del vecchio SIFAR, Servizio informazioni forze armate che il generale De Lorenzo aveva trasformato in pericoloso veicolo di istanze golpiste.

Nell'ottobre 1977 la riforma dei Servizi segreti è pronta. Si tratta di 19 articoli che apportano un cambiamento drastico alla struttura fino ad allora conosciuta degli apparati di intelligence nostrani. La legge 801 individua in realtà un solo ed unico responsabile del funzionamento dei Servizi: è il Presidente del Consiglio dei ministri che si avvale della consulenza di un Comitato interministeriale e del Comitato esecutivo per i servizi d'informazione e sicurezza, il CESIS, ideale punto di raccordo e coordinamento tra le due branche dei Servizi di cui si è detto, SISMI e SISDE. Il Presidente del Consiglio diventa a tutti gli effetti il massimo responsabile politico della sicurezza del paese. Egli possiede una peculiare potestà regolamentare che ha carattere di esclusività; tale potestà incide anche sui rapporti con i ministri della Difesa e dell'Interno dai quali SISMI e SISDE rispettivamente dipendono. La riforma sembrava, in un certo senso, essere riuscita a disciplinare con una certa esattezza le attività complessive degli uffici preposti alla sicurezza esterna ed interna dello Stato, sottraendo ai militari, sino ad allora sostanzialmente in grado di esercitare un potere assoluto dentro alla struttura informativa di spionaggio e controspionaggio, quello che per tradizione sembrava appartenere in via esclusiva a loro. La legge stabiliva, inoltre, che la nuova struttura così riformata avrebbe dovuto cominciare a funzionare entro e non oltre i sei mesi dalla data di pubblicazione. Le operazioni di resistenza del vecchio apparato furono immediatamente dispiegate e fu subito chiaro che la guerra per la cariche si sarebbe aperta senza esclusioni di colpi. Non soltanto i funzionari del SID, ormai destinato a prematura scomparsa, fecero intendere che non avrebbero facilmente lasciato smantellare i centri Cs (controspionaggio) periferici, ma che certamente non sarebbero mai stati disposti a consegnare l'enorme documentazione conservata nell'archivio dell'ufficio D, centinaia di migliaia di schede informative che costituivano il vero e proprio centro vitale del SID. L'ufficio D rappresentava il caposaldo dell'attività informativa del Servizio, con settecento uomini a disposizione e un'articolazione in quattro sezioni; le cito tutte per sottolineare l'estrema importanza e pericolosità di un apparato del genere: Sicurezza interna, Controspionaggio, Polizia militare, Sicurezza economico-industriale. Nel frattempo cominciava la girandola delle candidature: fra tutte, suscitò stranamente meno opposizioni la candidatura di Giuseppe Santovito. Nessuno riuscì a ricordare che Santovito era stato, con il grado di colonnello, stretto collaboratore di De Lorenzo e che era stato, anche se marginalmente, coinvolto nel golpe bianco del patriota Edgardo Sogno. Il suo nome comparve nel 1981 nella lista degli appartenenti alla P2 sequestrata a Gelli presso la villa di Castiglion Fibocchi.

A fine dicembre 1977 la nomina di Santovito ai vertici del SISMI era cosa fatta. Per ciò che concerneva il SISDE si pensò di affidarlo alle mani altrettanto poco sicure di Giulio Grassini, iscritto P2 e generale dei Carabinieri di un grado inferiore a Santovito: si realizzava così la dipendenza di fatto dei civili dai militari, secondo la migliore tradizione italiana. Ma non è ancora tutto. Grassini fu nominato direttore del SISDE il 13 gennaio 1978 e nello stesso giorno assunse l'incarico a cui era stato preposto. Santovito invece ebbe materialmente la disponibilità dell'incarico soltanto il 31 gennaio successivo, nonostante la sua nomina fosse più che sicura ormai da qualche mese. Nei locali di via Lanza il SISDE si insediò definitivamente soltanto il 27 giugno: di fatto, dal 13 gennaio al 27 giugno, periodo in cui ebbe luogo il rapimento Moro e si sviluppò una delle vicende più oscure della storia d'Italia, il Servizio informativo del Ministero dell'Interno fu inesistente.

A siglare la definitiva messa in ombra del dettato giuridico della legge 801, sempre il 31 gennaio il Ministro degli Interni Francesco Cossiga, futuro Presidente di una Prima Repubblica che sarebbe naufragata in Tangentopoli e nelle polemiche sulla struttura clandestina Gladio, nonostante il governo fosse già dimissionario, emanò il decreto che istituì l'UCIGOS (Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali). L'Ucigos aveva compiti ampi e rilevanti: raccolta delle informazioni relative alla situazione politica, sociale ed economica del Paese; prevenzione e ristabilimento dell'ordine pubblico; investigazioni per la repressione e la prevenzione dei reati contro l'ordine pubblico, dei reati di terrorismo e contro la sicurezza dello Stato; compimento di atti di polizia di sicurezza, di polizia giudiziaria e supporto operativo alle strutture di SISMI e SISDE.

Venne sostenuto, da parte degli ambienti del Ministero degli Interni, che era indispensabile creare un organismo centrale che fungesse da collegamento tra SISDE e magistratura e questure, dato che il Servizio di informazioni civile non aveva compiti di polizia giudiziaria. Argomentazioni deboli, anche se in parte corrette. L'Ucigos finiva per dipendere direttamente dal capo della Polizia, in quanto struttura inserita nella Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, organo del Ministero degli Interni, e quindi dal Ministro stesso. Lo scavalcamento dei principi della diretta responsabilità del Presidente del Consiglio e della vigilanza parlamentare fu definitivo; ancora una volta custodi e custoditi finivano per essere gli stessi.

L'apporto di Cossiga all'ingarbugliamento ulteriore della matassa del controllo politico e sociale fu certamente notevole. Tuttavia, nella legge di riforma del '77 i germi del disordine erano presenti già nella sua formulazione. Esaminiamo brevemente in tal senso la disciplina riservata al segreto di Stato.

Nelle disposizioni della 801 si fa esplicito riferimento a specifiche modalità di legge risalenti al 1941; per la precisione al Regio Decreto n.1161 che regola la materia del segreto militare, certo in un contesto politico e in relazione a finalità belliche fortemente datati. All'articolo 1 del decreto, per esempio, si parla di divieto di divulgazione di notizie concernenti le amministrazioni militari e gli enti statali preposti alla produzione bellica; di queste notizie si dava in dettaglio una decrizione nell'allegato al decreto. All'introduzione di un criterio oggettivo nella determinazione del segreto si intercalava subito dopo una regola di carattere soggettivo, stabilendo che era possibile per l'autorità a cui era demandato il compito di decidere una dilatazione del segreto mediante separati provvedimenti, secondo il dettato del secondo comma dello stesso art.1, che ampliavano il divieto di divulgazione anche a notizie non indicate nell'allegato. L'intera materia, non esistendo nessun riferimento abrogativo nella legge di riforma dei Servizi, è tuttora subordinata ad un insieme di norme giuridiche che provengono da tutt'altro contesto normativo, quello fascista per l'esattezza. La legge 801 ne attua implicitamente la continuità storica, e a questo punto anche politica, nella totale mancanza di un nuovo disciplinamento per il segreto di Stato che tenga conto del mutare dei tempi e soprattutto della quasi superflua considerazione che oggi si tratta di discutere l'argomento all'interno di un panorama politico a detta di molti democratico. In sostanza, e perdonerete la ripetizione ma il caso la rende disperatamente necessaria, è formalmente e sostanzialmente vigente nella costituzione italiana un provvedimento legislativo voluto e pensato dalla dittatura fascista. La passione civile di quanti hanno combattuto una resistenza che fu senz'altro guerra fratricida, in tutt'Europa schierati contro l'esercito nazi-fascista, sembra sepolta davvero nell'oblio dell'inutilità.

Naturalmente non credo, a questo punto, sia nemmeno possibile sfuggire ad una considerazione a margine che viene quasi da sola. La disciplina del segreto di Stato, così come ce la presenta il rapporto del Comitato parlamentare, ha favorito e favorisce tutta quella serie di traffici illegali, tra cui spicca ovviamente il traffico d'armi leggere e pesanti, sopra ai quali nessun controllo è stato esercitato in questi anni se non attraverso organi dello Stato esplicitamente corrotti di cui ben poco siamo riusciti a sapere. Il nesso inscindibile tra Servizi segreti e commercio/diffusione di armi, denaro riciclato e droga sostanzia il lucroso affare che per decenni ha riempito le tasche di politici, eversori e faccendieri in corsa per la presa del potere, per il suo consolidamento e per la sua capillarizzazione nei luoghi più impensati di una società svuotata di ogni e qualsiasi valore democratico, posto che la democrazia in Occidente sia davvero mai esistita.

Le informazioni contenute nel rapporto stilato dal Comitato di controllo sono una vera e propria operazione di contro-intelligence, se mi si passa il neologismo. In parte conoscenze che già almeno una generazione in qualche modo possedeva, in parte conferme, drammatiche, a sospetti che certamente ci hanno fatto arrovellare per diverso tempo.

Il dato veramente sconcertante, come lo stesso senatore Brutti ha confermato in una recente presentazione pubblica del rapporto, consiste nella quasi completa mancanza di capacità di operare un effettivo controllo da parte del Comitato sulle attività dei Servizi e comunque degli organi istituzionali che si occupano di sicurezza. Per fare un'altro esempio: esiste un Centro Elaborazione Dati (CED) del Ministero dell'Interno che raccoglie sistematicamente informazioni sui cittadini fino ad arrivare all'acquisizione degli archivi SIP, oggi TELECOM, delle utenze telefoniche riservate. Non esiste virtualmente dettaglio della nostra quotidianità che non possa diventare parte di una scheda informatizzata a disposizione di chi, dentro alle strutture di intelligence, desideri farne uso senza alcuna esplicitazione dei fini. Un sistema occulto, non esiste definizione alternativa, che costituisce, secondo un vecchio modello americano, uno Stato nello Stato. Molteplicità del controllo, moltiplicazione dei piani del dominio diventano gli effetti immediati di una simile strategia dispiegata in un territorio all'apparenza governato dalle leggi di un Parlamento liberamente votato.

Torniamo ai Servizi. Abbiamo potuto constatare come, a tutti gli effetti, la preminenza dell'establishment militare sia stata realizzata anche a seguito della riforma di fine anni settanta. Un ulteriore elemento indispensabile a comprendere il reale funzionamento delle strutture di potere occulto in Italia è rintracciabile nel funzionamento dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza (UCSI), che assolve a compiti di coordinamento e controllo per l'applicazione delle procedure di sicurezza che derivano da norme interne o da accordi internazionali NATO e comunitari. L'UCSI è organo servente dell'Autorità Nazionale di Sicurezza (ANS)*, in sostanza il funzionario incaricato dal Presidente del Consiglio per l'apposizione e la tutela del segreto, e dovrebbe guidare e controllare l'insieme degli apparati istituzionali addetti proprio alla gestione della spinosa disciplina del segreto di Stato.

In realtà fino al 1991 l'ANS è stata affidata al direttore del SISMI: ne discende che l'UCSI è stato sostanzialmente nelle mani di quei corpi di informazione militare che avrebbe dovuto sorvegliare e di cui avrebbe dovuto garantire il buon funzionamento. Conosciuto in precedenza come USI (Ufficio sicurezza) e durante gli anni '60 come USPA (Ufficio sicurezza del Patto Atlantico), l'attuale UCSI sfugge ad una definizione precisa sul piano giuridico. Vale a dire che con molta incertezza si possono circoscrivere realmente i suoi compiti. Comunque vada, una sua competenza fondamentale è ben presto individuata; si tratta del rilascio dei NOS (Nulla osta segretezza), una sorta di benestare che condiziona l'accesso a fonti riservate, a una serie di incarichi davvero delicati ed a funzioni del tutto particolari fino addirittura a quelle ministeriali. La procedura specifica per il rilascio dei Nulla osta di segretezza, consiste in una sorta di abilitazione concessa a persone o imprese, particolare quest'ultimo davvero interessante, che hanno in tal modo la possibilità di venire in possesso di notizie riservate o di partecipare a gare d'appalto per lavori nei quali vi siano problemi di sicurezza o di tutela del segreto. I NOS hanno una validità di sette anni prima che si possa procedere al loro rinnovo e di fatto costituiscono delle chiavi privilegiate di accesso a documenti e situazioni che meriterebbero invece un vaglio attento e scrupoloso prima di essere divulgate. Un'esempio per tutti: Matilde Martucci, strettissima collaboratrice del prefetto Malpica in forza presso la segreteria del SISDE e recentemente implicata nello scandalo dei fondi neri, possedeva il NOS di più alto livello nonostante fosse un modesto agente tecnico ed esistessero a suo carico precedenti relativi alla sua condotta morale e civile.

Viene da chiedersi, ovviamente, nelle mani di chi in questi cinquantanni di pretesa democrazia sia stata lasciata non tanto la cosa pubblica, perchè lo sappiamo già, quanto quegli affari riservati che soltanto con grande senso di responsabilità possono essere registrati, conosciuti, esaminati e quant'altro.

Del resto soltanto una limpidezza cristallina negli intenti e negli scopi può impedire a degli affari riservati di esserlo soltanto nominalmente o per quanto basta a far salva la sicurezza nazionale, volendo essere generosi. Cpmunque sia, concetti come sicurezza nazionale o segretezza ben difficilmente si accordano, come i fatti dimostrano, con qualsivoglia gestione democratica: essi risiedono piuttosto negli anfratti oscuri del sistema occulto, quello che per anni ha davvero governato l'Italia, penisola allungata pigramente nel mediterraneo con uno stivale quasi appoggiato al Medio Oriente e due sponde che guardano verso la vecchia Europa dell'Est da una parte e verso l'Africa dall'altra, continente abusato dalla voracità degli investimenti dei paesi industrializzati d'Occidente.

La girandola delle imprese piccole e grandi che ruotano o hanno ruotato attorno ai traffici illeciti dei Servizi disvelano la geografia in filigrana della rete dell'economia nazionale ed internazionale lasciata nelle mani di pochi eletti, rigorosamente selezionati sulla base di alte qualità civili come patriottismo o fedeltà cieca al Patto Atlantico.

L'insieme di queste informazioni, sapere specifico di una cultura del segreto caratteristica peculiare di ogni società industriale e perciò stesso corporativa, a più livelli tra loro anche molto differenziati, costituisce l'archivio gelosamente nascosto dai Servizi di informazione e sicurezza e dalle agenzie che a vario titolo hanno rimestato nel torbido di quanto potremmo definire illegalità istituzionale. Dico istituzionale perchè, secondo quanto emerge dal lavoro di indagine del Comitato di controllo, esiste una serie ben definita di norme giuridicamente legittime che nel tempo hanno permesso ad una specie di secondo Stato di disporre liberamente della nostra sovranità. Sovranità limitata, dunque, come ha osservato qualcuno, dentro ad uno schema del Diritto subordinato a poco condivisibili strategie di potere e di denaro.

Solamente l'UCSI, per continuare a citare dei dati oggettivi, conserva 308.000 fascicoli relativi a persone e 2500 relativi ad imprese sparse in tutta la penisola. Virtualmente chi entra in possesso di un NOS, anche di medio livello, accede di certo ad una parte degli incartamenti riservati e, semplicemente, conosce, sa quindi ottimizza la sua capacità di intervento ove occorra. Se a questo aggiungiamo il volume d'archivio degli altri uffici, a cominciare dal CED del Ministero dell'Interno di cui si è detto, i 150000 dossiers di De Lorenzo, che tanto scalpore destarono all'epoca del presunto golpe, diventano una sciocchezza. Tra le carte di questo concentrato di storia nazionale mai raccontata devono esserci per forza le verità scomode sulle stragi che hanno insanguinato le strade, i treni e le piazze di mezza Italia; e forse anche di più. Forse il tracciato inquieto di un'epoca che non sembra ancora tramontata, i legami insospettabili, gli intrecci impossibili e le complicità remote di più di una generazione di politici e militari.

E' straordinariamente esemplificativa la singolare vicenda di Federigo Mannucci Benincasa, responsabile del Centro di controspionaggio di Firenze dal 1971 al 1991. Per ventanni capocentro in una città particolarissima per la posizione geografica e punto di incontro di una parte eccellente dell'eversione nazionale, basterà ricordare Licio Gelli che Mannucci addirittura denuncia con una lettera anonima al Procuratore della Repubblica di Roma per l'omicidio Pecorelli, il colonnello del SISMI è coinvolto a più riprese anche nel processo per la strage di Bologna, città di cui è assiduo frequentatore e sempre in momenti cruciali. Mannucci ha perfino violato il segreto sugli accertamenti relativi all'esplosivo usato in quella tragica giornata dell'Agosto 1980 ed ha tentato di orientare l'attività degli inquirenti fornendo informazioni depistanti. Esiste inoltre una sentenza istruttoria del giudice Grassi che mette in risalto il cospicuo lavoro di raccolta informazioni da parte Mannucci relativamente alla loggia P2 senza che questi abbia mai trasmesso il materiale agli altri organi investigativi, facendone un uso del tutto personale. Infine il colonnello dai mille interessi e dalle mille connessioni è stato destinatario di una comunicazione giudiziaria per i fatti di Ustica, relativamente ai delitti di cui all'art.476 del codice penale e agli artt.490 e 351, nell'ordine Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, Violazione della pubblica custodia di cose.

Quali protezioni hanno permesso lungo l'arco di un ventennio l'impunità assoluta di Mannucci Benincasa e lo hanno mantenuto in una posizione tanto privilegiata?

C'è da chiedersi a questo punto, semprechè esistano davvero, quali sono le ragioni politiche delle deviazioni. Lo sfondo comune alle illegalità del SISMI prende certamente le mosse dal quadro internazionale della Guerra Fredda che per decenni ha condizionato le scelte generali della politica nazionale ed internazionale in tutta Europa. Agire per una eterna stabilizzazione dei rapporti di forza, anche e perchè no destabilizzando, in singoli punti chiave del complesso meccanismo che questa società rappresenta, in funzione della continuità di un ceto di governo e per protarre oltre ogni limite temporale la logica della Guerra Fredda, può essere un altro elemento fondamentale nella disamina dell'operato dei Servizi. Anche se per ceto di governo a questo punto sarà più giusto intendere gruppo di potere, svincolato da una necessaria appartenenza politica (per esempio fascista in senso stretto). Lasciare senza soluzione di continuità la Guerra Fredda, allora, non tanto per la guerra in sè, quanto per il mantenimento del controllo e il correlativo dispiegarsi di un sistema di dominio in un contesto complessivo, forse mondiale, che lega strettamente capitale e politica, azione di classe sulla massa e autoriproducibilità del potere.

Quanto al ruolo del SISDE, ultimo ma non meno importante, è abbastanza chiaro che le deviazioni promosse al suo interno sono connesse ad un quadro politico e istituzionale estremamente debole nella sorveglianza e facilmente corruttibile. Un'agenzia di affari in proprio, in tal senso, facilita la fungibilità tra denaro e potere.

Probabilmente ha ragione Felice Casson quando sostiene che se ci fossero ancora dei dubbi circa l'utilità dell'esistenza dei Servizi segreti il rapporto del Comitato parlamentare di controllo ce li toglie definitivamente. Ma il sistema occulto è anche altro; esso mette radici nelle pieghe invisibili di una realtà che ci sfugge nel suo essere ombra. Un dispositivo singolarmente perfetto al quale non sarà sufficiente amputare un segmento per averne ragione.

Mario Coglitore

 

 

 

 

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