da Guardare Avanti ! n.2 seconda serie

Riformisti in Italia rivoluzionari all’estero ?

È stata storicamente la fine che il destino ha riservato a molti ex-rivoluzionari. Abbiamo conosciuto sin dagli anni ‘70 in Italia molti esuli politici, ein fin dei conti possiamo dire, sempre con qualche eccezione, che si sono salvati dall’integrazione nella borghesia solo una piccola parte di coloro che in realtà si sono appoggiati a parti della “sinistra storica”, che in fin dei conti concedeva loro il diritto a pensarla diversamente, in nome della solidarietà.

Quanto agli esuli italiani perseguitati dalla borghesia negli anni fine ‘70-inizio ‘80, un esempio per tutti, Toni Negri e Claudio Cerica, va detto che avevano una concezione il primo del tutto elitaria e baronale dell’ideologia rivoluzionaria, il secondo una concezione del tutto materialistica e per nulla dialettica della vita.

Infatti.

Il primo, perseguitato ed arrestato nel 1979 mentre era cattedrattico all’Università di Padova, stanco del carcere speciale e della minaccia di morte che gravava su di lui nei carceri ove vi erano proletari combattenti assai poco dialettici con gli spocchiosi pieni di soldi, dà il via al “movimento” della dissociazione, ossia prende le distanze dalla stessa ideologia della violenza proletaria. Che poi con i decenni si capirà era solo un suo interesse di facciata, mentre rimaneva la base cattolica e riformistica della concezione della violenza come potere, avulsa dalla legittimità del proletariato unica classe rivoluzionaria nella società capitalista, e di qui alla sua necessità di liquidare il marxismo con una “nuova” lettura del modo di produzione capitalista mondiale, concezione sempre occidente-centrica e sempre filo-imperialista anche laddove cerca di demonizzare chi lo retribuisce -”Empire”.

Della cosa si era avuto sentore già nel giugno 1981, quando Autonomia bollò pubblicamente Toni Negri con un articolo, da noi allora condiviso ma da sinistra, firmato Antonio da Marghera, prima che le Br cogliessero con il sangue di Taliercio l’errore politico più gravemente dannoso per l’autonomia operaia allora maggioritaria nel territorio veneziano in lotta tra ristrutturazione del polo chimico e lotte sociali e studentesche, in un ciclo di lotte ricostruito quasi da zero dopo la fine del movimento del 1977, basandosi sull’esperienza dei compagni che avevano fatto il ‘68 ma nelle fabbriche.

Ma fu poi con la presentazione nelle liste radicali nelle politiche del 1983, e con l’ignomignosa (per loro) fuga di Negri dall’Italia, dato che la cieca rabbia della borghesia parlamentare pci-dc voleva ricacciarlo in galera costituendo il precedente storico dell’arresto di un parlamentare eletto dal popolo (Negri aveva ottenuto 50.000 preferenze), che si ha il ritorno dell’area-Sherwood all’alveo della linea paterna negriana (della dissociazione, che univa prima linea e vari gruppi soggettivisti, piccole parti delle Br, e quelli del 7 aprile).

Seguono scontri ed atti immondi (in particolare a Padova, dove i carabinieri confondono non casualmente -ma in linea con il SISDE ed il rapporto Craxi dell’ottobre 1983- la nostra posizione politica -di Guardare avanti ! e di tanti compagni del Veneto e dell’area del Coordinamento dei comitati contro la repressione- per una co-partecipazione peraltro collettiva e stabilita come “livello pubblico” -allucinante mistificazione di Ganzer, Ferrari, Dalla Costa e Mastelloni che dimenticano non a caso l’impianto Br, prima e seconda posizione, PG e Walter Alasia comprese- delle Brigate rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente, confondono non casualmente, circolazione di documenti clandestini a scopo di dibattito e conoscenza del movimento rivoluzionario, con partecipazione alle Br stesse, ne demonizzano i familiari, li isolano, li buttano in galera, li ammazzano in incidenti stradali e ferroviari di cui non rimane alcuna prova, ed arrestano, cercano di isolare e di annientare quei compagni, come noi in quegli anni ed ancor oggi, comunque solidali con i rivoluzionari in attività pur se prigionieri.  Disgressione: pur riconoscendo dignità alle posizioni combattenti comuniste, non condividiamo alcune cose dell’impianto assunto negli anni ‘80 nelle carceri da diversi combattenti rivoluzionari prigionieri, ben diverse dallo Statuto dell’organizzazione principe sino alla fine degli anni ‘80, del processo rivoluzionario nel nostro paese; tra queste, non condividiamo la concezione dell’essere “ostaggi”. Se questo significa non dire a quali trattamenti tecnologici si è sottoposti, o giustificare una mancanza di lavoro collettivo di studio (solo in certe occasioni e rari scritti prodotto) che non sia mera riproposizione di documenti già noti, appunto non condividiamo questa concezione. Segue anche il grave errore politico commesso da compagni e compagne del Coordinamento, tra il primo ed il secondo blitz del 1985, di dare spazio a costoro dell’area-Sherwood nel corso del convegno “Repressione e crisi economica” preparato dal Coordinamento ed anche dal nostro Centro di documentazione ML di Marghera (all’epoca sede in Piazzale Rossarol). Chi è stato sbattuto fuori dalla porta del movimento rivoluzionario, viene misteriosamente fatto rientrare dalla finestra, assenti il compagno Maj ed i compagni Dorigo e Melia. È da allora che si sviluppa, come anche già a Padova, un “nuovo” movimento di centri sociali, in realtà applicazione settaria di linea proletaria sul sociale ed opportunista verso lo scontro di classe con lo Stato, a Mestre, che poi darà vita al “Rivolta”, che dopo il primo periodo, è stato poi finanziato e vezzeggiato dal Comune di Venezia (il sedicente anti-marxista acquisito al monte Athos, Cacciari). In quegli anni (1989-1990) chi scrive queste note ha anche partecipato al movimento di massa della “Pantera” su posizioni di classe, rifiutando di andare delegato a Palermo, per non essere coinvolto in forme burocratiche anti-movimento, date dalla presenza di “giovani comunisti” nel movimento, ma dando a tempo pieno il proprio contributo, ed ha anche lavorato sul terreno internazionalista e di classe in campo culturale a Venezia all’epoca (solidarietà all’Intifadah, lotta contro l’EXPO voluto dalla cricca demichelisiana), nel frattempo mantenendo anche un rapporto politico con i maoisti italiani.

In quell’epoca chi scrive collaborò anche alla costruzione di un centro sociale di classe a Venezia, e fu poi assente quando questo fu base della cricca padovana, troppo dotata di mezzi ed appoggi  per poter essere  contrastata  seriamente da poche avanguardie, e capace invece di organizzare fantasmagorici “convegni internazionali” e di scrivere allucinanti teorizzazioni (prese da movimenti soggettivistici tedeschi) sulle “zone temporaneamente liberate” -TAZ-, ossia su un campo della borghesia spacciato per campo proletario o comunque antagonista.

NESSUNA CONDIVISIONE GIAMMAI DEI COMPAGNI CHE FURONO DELL’AREA DEL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE M-L E DI GUARDARE AVANTI !, CON QUESTE CAZZATE, OLTRETUTTO FIANCHEGGIANTI GLI OPPORTUNISTI BORGHESI DEL MRTA CONTRO LA GIUSTA E LEGITTIMA LINEA RIVOLUZIONARIA DEL P.C.P. AVANGUARDIA E FARO DELLA RIVOLUZIONE PROLETARIA MONDIALE.

Ma torniamo a Negri. In quella fase se ne va in Francia a fare il rivoluzionario quindi.

Ma per tornare, occorre “uscire dall’emergenza” NON con un forte movimento proletario rivoluzionario, ma con una co-partecipazione mediatoria ed affossatrice della giusta Storia del movimento rivoluzionario in Italia degli anni ‘70 ed ‘80.

Serve quindi una “nuova soluzione politica”, dopo il miserrimo fallimento, però fatto passare per dato storico, falsamente, dai media della borghesia imperialista, RAI in primis, del tentativo dei signori Curcio, Balzarani, Moretti, Gallinari, e persino Bonavita e Fenzi, del 1987 ed anni successivi (fino all’infamia del Fenzi che offende la memoria del compagno operaio poi morto “suicida” in carcere, Berardi –luglio 1995–).

Ecco l’invenzione, che chi scrive colloca come atto parallelo alla prosecuzione dello studio dei processi mentali del compagno prigioniero Paolo Dorigo iniziata con ogni probabilità nel 1996 ma forse anche prima.

L’invenzione è l’episodio del “portafoglio”. Il latitante biondino e gentile, Claudio Cerica, va da Parigi (dove si era sposato con una figlia tossicodipendente di un importante sindacalista) a Roma, nel febbraio 1997, a trovare la figlia oramai grande, e cosa gli succede ? Vede a terra un portafoglio, lo raccoglie, ed anziché intascarsi i soldi ed infilarlo in una cassetta postale come doveroso per un senza-lavoro, va a consegnarlo in Questura. Così viene riconosciuto, e inizia con degli scioperi della fame opportunamente pubblicizzati dal manifesto, la preparazione dell’arrivo di Toni Negri. Costui in pompa magna e fattosi annunciare precedentemente, arriva in Italia a luglio 1997.

Il 1° giugno 1997 i militanti comunisti prigionieri, condannati per appartenenza alle Brigate rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente in due epoche e processi diversi, Alberta Biliato, e suo marito Paolo Dorigo, rendono pubblico un documento contro questa “seconda soluzione politica” che nei mesi primaverili era stata promossa, e che doveva accumunare prigionieri “rossi” e “neri” (arlecchinata politica).

 

Nell’agosto 1997 si cerca di costruire una gravissima provocazione, a rischio anche di vita, nel carcere di Opera, contro Paolo Dorigo, alla quale scampa per esperienza e per l’appoggio di alcuni prigionieri comunque non intenzionati a dar sostegno alle calunnie orchestrate nei momenti opportuni (questa volta dal Giornale di Feltri) dal verme (condannato anche per sfruttamento della prostituzione nel 1977)  e collaboratore di giustizia Angelo Dalla Longa. La provocazione è denunciata il 15 settembre 1997 da Paolo  e pubblicata su Rossoperaio, che del resto aveva anche diffuso il documento del 1° giugno.

La botta finale alla “seconda soluzione politica” viene dai militanti prigionieri delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente, che, detenuti a Trani e Latina (ed uno a Novara), rinnegano alcuna legittimità a questa operazione e la spiegano politicamente.

Nessuna parola nel merito dai coimputati di Dorigo e dai loro compagni di variegate posizioni politiche, di Novara.

Negri e Cerica, che in comune avevano l’ideologia padovana dei Collettivi Politici Veneti nella loro accezione “storicistica” (è finita un’epoca, ecc.), fondano così poi, la cooperativa “il buon samaritano”, ennesima goliardata di un ceto politico sostanzialmente qualificatosi come protagonisti a tutti i costi del “grande gioco”, anche a costo di stare dalla parte della borghesia (o di una sua parte che, per quanto “illuminata”, fa sempre parte della cerchia degli sfruttatori, e ci riferiamo anche alle case editrici “di sinistra”).

Questi passaggi soluzionistici producono spazio politico anche a posizioni “nazimaoiste” (di cui ha scritto la Cernigoi anche in anni recenti) e ad una concezione del “superamento” degli “antichi rancori” in nome di una società in cui il progresso sia raggiungibile senza grandi problemi (MA NON PER TUTTI, questo lodimenticano).

Altrimenti non ci spiegheremmo come mai da queste aree non è venuta alcuna risposta ai nostri appelli alla Verità sull’uso nelle carceri e nella società delle torture tecnologiche e del controllo ed interferenza mentale per portare all’annientamento, al suicidio, alla pazzia, alla morte, e comunque all’inoffensività dei soggetti “diversi” da quanto “prestabilito” dallo “spazio politico deciso a tavolino” dai vari “soggetti della politica” nel “pensiero unico” (pensiero ove c’è spazio anche per i teorici della globalizzazione).

Infatti che questo sia l’approdo di queste posizioni ce lo dimostra anche l’entrismo nelle istituzioni, a vario titolo ed in varie forme, di quasi tutta QUESTA  sinistra. Una sinistra evdentemente NON DI CLASSE. O meglio, NON PROLETARIA.