[News-anarcotico] Una lettera dal carcere di Livorno



Lettere dal carcere: Livorno, un istituto piccolo e dimenticato
 
Radio Carcere, 14 marzo 2006
 
È piccolo il carcere di Livorno. Piccolo e dimenticato, ma dentro 
grande è 
la disperazione, l'abbandono. Le mura del carcere più che imprigionare 
noi 
sembrano voler impedire che si sappia cosa accade lì. Perché nel 
carcere di 
Livorno ne succedono di tutti i colori, ma nessuno ne parla. Io ho 
passato, 
non mesi, ma anni in una cella che sarà stata di dieci metri quadri. 
Dentro 
ci stavamo in 6 e a volte 7 detenuti. Uno sopra all'altro. Si stava in 
una 
condizione invivibile, lo spazio per muoverci era minino, si faceva a 
turni 
per alzarsi dalla branda ed eravamo costretti a stare chiusi in quella 
celle 
per 21 ore al giorno. Noi si passava la giornata a letto a dormire o a 
guardare la televisione. L'ora d'aria, che ce la facevano fare in un 
cortiletto, era l'appuntamento più atteso del giorno. Questa la nostra 
giornata nel carcere di Livorno. Io non sono uno stinco di santo e di 
carceri ne ho girate, ma una cella così schifosa non l'ho vista mai. 
Una 
stalla.
Dal cesso usciva la merda, soprattutto di notte come un rigurgito delle 
fogne, e la salsedine del mare faceva marcire tutto, mura, sbarre e noi 
stessi detenuti esposti a un'umidità che ci spaccava le ossa. Tra di 
noi, in 
quella cella, c'erano anche ragazzi stranieri. Poveracci. Sono loro 
che, 
senza neanche poter usare la parola, se la vedono peggio. Lì vedi in 
silenzio per giorni e giorni, poi all'improvviso te li trovi per terra 
in 
cella con le braccia tagliate, in una pozza di sangue. In carcere c'è 
un 
metodo per tutto, anche per farsi più male con una lametta. Lasciate a 
bagno 
con l'aglio per un po' di ore, le lamette assicurano ferite più 
sanguinati. 
E così è.
Un capitolo a parte è il regime di disciplina che c'è nel carcere di 
Livorno. Alle guardie non si può chiedere nulla. Questa è la regola per 
sopravvivere lì dentro. Stare zitto. Se un detenuto domanda di avere 
anche 
un semplice foglio di carta o una medicina si rischia la cella liscia. 
La 
scena è questa: tu chiedi una cosa, l'agente arriva e ti risponde male. 
A 
quel punto se stai zitto va tutto bene ma e se tu reagisci, beh, loro o 
ti 
menano lì o ti portano nella cella liscia, quella di punizione.
Io una volta ho risposto e nella cella liscia ci sono stato. Una sera 
di 
novembre, sono arrivati in cinque, mi hanno preso, mi hanno portato giù 
nella cella liscia. Mi hanno fatto spogliare. Per sei giorni sono 
rimasto 
nella cella di isolamento in mutante. Dormivo su un materasso buttato a 
terra e senza neanche una coperta. Nudo, rannicchiato su quel materasso 
non 
sapevo più cosa ero.
In quella cella non puoi chiedere aiuto perché loro chiudono anche il 
blindato, che è una porta di ferro. Quando stai lì nessuno ti può 
sentire. O 
meglio, devi sperare che non ti senta nessuno, perché il peggio deve 
arrivare e sta lì ad aspettarti. Una notte io mi misi ad urlare e loro 
mi 
hanno sentito. Pochi minuti di silenzio, poi uno sbattere di cancelli e 
un 
rumore di passi pesanti che si faceva sempre più forte. Stavano venendo 
da 
me. Io mi sono messo in un angolo della cella per cercare riparo.
Sono entrati e mi hanno picchiato. Erano 6 o 7 guardie, con guanti e 
con gli 
scarponi che in cima hanno il ferro. E quelli fanno un po' male. Sicché 
mi 
hanno spaccato la faccia. E si badi che il mio non è stato un caso 
isolato, 
non ero il solo nel carcere di Livorno a subire questo trattamento. Ho 
visto 
tanti detenuti presi e portati via. Quando tornavano in cella avevano i 
lividi addosso, spaccati in faccia e gli occhi pesti. Nel carcere di 
Livorno 
sono cose normali. Però una cosa va detta, ed è che il problema non 
sono le 
guardie. Il problema vero è che quando metti così tanta gente a 
convivere 
insieme è ovvio che si degeneri. Negli anni scorsi a Livorno eravamo in 
due 
per cella e al massimo volava qualche schiaffo (e pure meritato). Ora 
siamo 
in 6 o 7 per cella, e che t'aspetti i fiori la mattina? Insomma più 
detenuti 
e più severità, più violenza. Oggi i detenuti del carcere di Livorno 
hanno 
paura a parlare di queste cose e si riducono al silenzio. Ti ricordi la 
regola di prima? Devi stare zitto, altro che rieducazione. Silenzio o 
botte. 
Difficile in un posto come il carcere di Livorno capire chi è vittima e 
chi 
è carnefice, cosa è giusto o cosa non lo è. Ci si scontra, come auto 
nella 
nebbia.
 
Mario, 43 anni
 
Casa Circondariale di Livorno
Via delle Macchie, 9, tel. 0586.853044
Direttore: Anna Carnimeo
Data di costruzione: 1984
 
Detenuti
 
Capienza regolamentare: 273 detenuti
Capienza effettiva: 383 detenuti
212 sono condannati e 171 in attesa di giudizio
detenuti stranieri: 170
uomini: 349
donne: 34
90 sono tossicodipendenti e 5 affetti da Hiv
27 detenuti sono nella sezione di Elevato Indice di Vigilanza
39 nella sezione dell'Alta Sicurezza
ogni anno nel carcere di Livorno c'è un flusso di detenuti che va da 
1.600 a 
1.900 persone
 
Staff
 
Un Direttore
Polizia Penitenziaria: 275 ma effettivi 230
Educatori: 3
Assist. sociali: 3
Personale sanitario: 1 medico incaricato, medici specialisti in 
convenzione
Infermieri di ruolo: 1; non di ruolo 7
 
Struttura
 
L'istituto è nella periferia della città. Dalla stazione si è collegati 
con 
un servizio di autobus urbani. Il carcere ha un primo edificio esterno 
alla 
cinta muraria, dove ci sono gli uffici. Dentro le mura il carcere è 
diviso 
in tre padiglioni: il maschile, il femminile e quello dei semiliberi. 
La 
struttura è significativamente compromessa. Infissi e mura sono 
corrosi. Sia 
all'estero che all'interno il carcere è in cattivo stato.
 
Eventi critici
 
Ci sono spesso episodi di autolesionismo, specie per quanto riguarda 
gli 
stranieri. Negli ultimi due anni sono aumentati i casi di morte:
12 luglio 2003: Marcello Lonzi, 29 anni, muore in carcere per causa non 
accertata.
24 aprile 2003: M.D., giovane turco, si impicca con le stringhe delle 
scarpe 
legate alle inferriate della cella.
29 giugno 2004: D.B., 45 anni, si impicca con la cintura dei pantaloni.
31 luglio 2004: C.R., detenuto cileno di 50 anni, si impicca in cella
7 settembre 2004: L.V., 36 anni, si impicca con le lenzuola alla grata 
del 
bagno della sua cella.
27 dicembre 2004: Angelo Vincenti, 57 anni, di origini pugliesi, muore 
in 
cella durante la notte, forse ucciso da un infarto
 
Record
 
Il 60% circa dei farmaci distribuiti sono psicofarmaci.
 
CASSA ANARCHICA DI SOLIDARIETA' ANTICARCERARIA, VIA DEI MESSAPI 51  
04100 
LATINA
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