Da anarcotico

Noi detenute del reparto femminile del carcere di "Castrogno", non come erroneamente definito "Caienna" ma Spielberg, avendo migliore fortuna del nostro illustre Pellico, (non per il tratta mento) ma poichè "generosamente forniti di penne ad inchiostro, ribadiamo che nonostante le nostre ripetute proteste, la risonanza ( se pur minima) data alle stesse da alcuni quotidiani, la conferenza stampa indetta di fronte al carcere, la visita di uno sconosciuto assessore, restiamo in un clima di totale inedia ed isolamento, senza contare che i problemi da tempo lamentati permangono, anzi, la visita dell' assessore sopra citato, ci ha illuse visto che con la stessa non abbiamo potuto avere nessun tipo di contatto, neppure le detenute non in cella, che aspettavano nell' aria lager, hanno potuto dialogare poichè gli era stato precedentemente vietato.

Nei giorni precedenti, pur non potendo ribaltare strutturalmente questo luogo, sono state riviste nelle celle le misere suppellettili, sostituiti arredi fatiscenti, ripuliti locali inutilizzati per anni (vedi la palestra) ed altri che erano nell' abbandono e nello sfascio totale, compresa la pulizia del quadrilatero di cemento dove le detenute sono costrette a sostare sotto il sole cocente o sotto la pioggia battente pur di respirare un po' d' aria. Il sopra citato "luogo d' aria" è sempre lurido, sfornito di un bagno funzionante con in uso un misero lavandino costantemente otturato.

Inoltre, visto il periodo feriale e la carenza di agenti din custodia, le cosiddette ore d' aria sono spesso dimezzate.

Quindi , il regime al quale siamo sottoposte è più duro di un carcere punitivo di massima sicurezza.

Siamo praticamente sempre chiuse in cella ( cosa che ormao è superata nel 70% delle carceri italiane) e niente del poco che ci era stato permesso è stato attuato.

Alle detenute sfornite di mezzi propri continua a mancare lo stretto necessario per una sopravvivenza almeno dignitosa: carta igienica, disinfettante, assorbenti e, da alcuni giorni anche i sacchetti per la spazzatura.

Le condizioni di alcune detenute con gravi problemi di salute permangono.

Denunciamo inoltre la presenza di una detenuta, in particolare, che mostra gravi turbe psichiche, turbando giorno e notte la già flebile serenità della sezione.

Non speriamo in nulla poichè siamo certe che questa nostra ennesima richiesta di aiuto e solidarietà si perderà nei meandri della burocrazia e sarà fonte di ricatti e ritorsioni.

Inoltre abbiamo letto su un articolo del "Centro", che esiste una fantomatica associazione di volontariato ( Verso il futuro ) che sarebbe presente spesso all' interno del carcere e curerebbe le nostre problematiche.

Teniamo a far apere, gridandolo a viva voce che non abbiamo la più pallida idea di chi possano essere questi sedicenti "missionari" e ribadiamo che possiamo esclusivamente contare sulla "notoria" solidarietà carceraria aiutandoci l' una con l' altra.

Grazie comunque di non averci ignorate almeno verbalmente.

 

Le sezioni nord e centrale dell' inferno di "Castrogno" al femminile

 

Da ristretti

Non abbiamo nulla e siamo lasciate sole
Protesta delle detenute di Castrogno

Il Messaggero, 3 Settembre 2005

Dal carcere di Castrogno arriva una nuova protesta. Questa volta, però, da parte delle detenute del reparto femminile, che lamentano, in una lettera, "condizioni di isolamento e totale inerzia, in cui manca anche lo stretto necessario, come carta igienica, disinfettante, assorbenti e, da alcuni giorni, anche i sacchetti per la spazzatura". "La visita di uno sconosciuto assessore regionale (quella di Betty Mura n.d.c. ) ci ha solo illuse - dicono - visto che non siamo riuscite ad avere alcun tipo di contatto e neppure le detenute non in cella, che aspettavano nell'aria lager, hanno potuto dialogare con l'assessore, poichè era stato precedentemente negato". Nella lettera c'è anche scritto che, in occasione della visita, all'interno del carcere "sono stati sostituiti arredi fatiscenti e ripuliti locali inutilizzati da anni come la palestra". Una vita ancora più difficile per le detenute di Castrogno, sulle quali gravano non solo la pena, ma anche la condizione in cui sono costrette a stare. "Inoltre - aggiungono -, abbiamo letto che esiste una fantomatica associazione di volontariato che sarebbe presente spesso all'interno del carcere e curerebbe le nostre problematiche. Ci teniamo, però, a far sapere che non abbiamo la più pallida idea di chi possano essere questi sedicenti "missionari"". Eppure, proprio ieri, è arrivato un comunicato dell'associazione di volontariato per istituti penitenziari "Verso il futuro", che prende le difese della casa circondariale e ribadisce che, a Castrogno, operano tre psicologi, quattro assistenti sociali ed un servizio di guardia medica. "I volontari dell'associazione sono profondamente offesi - replicano -. Negli ultimi cinque mesi, tra mille difficoltà, abbiamo realizzato diverse cose, tra le quali anche un matrimonio in Municipio".



Protesta in carcere a Montorio
Celle troppo strette per la quarta branda "Non si respira"

L'Arena, 3 Settembre 2005

I detenuti del carcere di Montorio sono in fibrillazione. Stanno protestando contro l'inserimento della quarta branda in cella. E la loro protesta è consistita nel non voler rientrare in cella dopo l'ora d'aria, una forma pacifica di protesta per richiamare l'attenzione sul sovraffollamento.
Eppure stando ai dati e ai parametri stabiliti da una super commissione ministeriale, a Montorio potrebbero starci 614 detenuti divisi nelle sezioni, tranne la terza dove vengono messi quelli in isolamento (pedofili, violentatori, collaboratori che stanno isolati rispetto agli altri detenuti).
Ieri in carcere c'erano 606 detenuti anche se è vero che una settimana fa la situazione aveva iniziato a farsi pesante perché con l'inasprimento dei controlli agli immigrati, molti di loro sono stati arrestati per violazione della legge Bossi-Fini e dopo la convalida condannati ad alcuni mesi di carcere. Ma da qualche giorno non ci sono più stati ingressi.
I detenuti hanno chiesto al direttore della casa circondariale, ma anche al comando superiore di sorveglianza dell'istituto e al ministero della Giustizia una consulenza, un intervento da parte del distretto sanitario di zona e del dirigente sanitario interno affinché "determini significativamente e concretamente quante persone possono convivere in una cella". I reclusi chiedono inoltre che "sia informato il tribunale di sorveglianza e che si faccia carico delle problematiche di vivibilità all'interno della struttura".
In una nota diffusa i detenuti spiegano che lo stato di agitazione è dovuto al sovraffollamento, inoltre ribadiscono che a Montorio i detenuti passano fino a venti ore nelle celle "limitando nello spazio ristretto e nei metri cubi d'aria la loro vita. Spazi insufficienti per l'ossigenazione dell'organismo. E di conseguenza, la salute fisica e psichica ne risentono". (a.v.)