II. DELLA CONTRADDIZIONE FONDAMENTALE E DI QUELLA PRINCIPALE OGGI

Le due quasi sempre coincidono nello sviluppo storico, meno che nei momenti in cui la crisi capitalista genera conflitti che coinvolgono inevitabilmente ogni rapporto sociale ed ogni persona appartenente al popolo.

Nel corso dell’evoluzione della società capitalista sino alla sua fine la contraddizione di classe e la lotta di classe sorta da essa sarà fondamentale. La contraddizione di classe è anche la contraddizione principale delle società capitaliste perché dà la direzione allo sviluppo delle altre contraddizioni. La contraddizione principale può cambiare ed in determinate fasi e situazioni può governare ed influenzare tutte le altre (come è accaduto durante la guerra rivoluzionaria di liberazione nazionale antigiapponese in Cina), oggi questa è data dalla contraddizione tra l’imperialismo e l’antimperialismo sul piano mondiale, a causa della profondità e gravità della crisi capitalista, del crollo del revisionismo alla guida dei paesi già socialisti, e dell’aggressività e follia delle potenze imperialiste, in primis degli USA.

In pratica la contraddizione principale tra classe operaia e capitale, che rimane la contraddizione fondamentale, a questo livello di sviluppo della crisi generale e dell’imperialismo, si trasforma e sussume nella contraddizione principale nell’antimperialismo/imperialismo cui è intrinseca la prima.





A partire dal 1991 l’imperialismo, che attraversava una fase di vantaggio tattico dopo il crollo del revisionismo nei paesi dell'Est Europa ove ancora sussistevano alcune precedenti conquiste della fase della costruzione del socialismo cessata nel 1956, di fronte alle prime avanguardie della offensiva strategica della rivoluzione proletaria mondiale (Perù, Filippine, situazione del Medio Oriente con connotazione classista di alcuni aspetti delle lotte di liberazione in alcuni paesi), scatena una offensiva controrivoluzionaria generale, che come già definì il Presidente Gonzalo del Partito Comunista del Perù che dirige il processo rivoluzionario guida ideologica come migliore espressione storicamente data in questa epoca del conflitto di classe e faro della rivoluzione proletaria mondiale, pretende di scongiurare la rivoluzione come tendenza generale, storica e politica oggi nel mondo, trovando a contrastare il campo rivoluzionario in ogni realtà sempre ed incontrovertibilmente l’imperialismo ed il revisionismo. Dalla guerra di aggressione all’Iraq motivata con l’occupazione del Kuwait, gli U.S.A. pretendono di ergersi a superpotenza egemonica unica nelle sue contese con l’altra superpotenza imperialista russa e con le altre potenze imperialiste. Questa offensiva, ci diceva ancora il Presidente Gonzalo, è sviluppata principalmente dall’imperialismo yanlkee, ed è una offensiva generale perché si esplica su tutti i piani, ideologico, politico ed economico, quantunque l’aspetto centrale sia quello politico.

La crisi generale capitalista ha generato un cambiamento complessivo negli assetti, ancor prima di produrre un III conflitto mondiale interimperialista. L’offensiva controrivoluzionaria non nega la tendenza principale come tendenza alla rivoluzione, ma cerca di contrastarla e prevenirne l’ampliamento. Va contro la corrente della storia, insomma. Ed è diretta contro la classe operaia e il proletariato mondiale.

Questo si è iniziato a vedere con lo spostamento dei conflitti interimperialisti dal centro alla periferia, DOPO il processo della “decolonizzazione” ossia dell’inizio delle rivoluzioni di nuova democrazia nei paesi ove vive la stragrande maggioranza degli sfruttati. In pratica le contraddizioni interimperialiste che trovavano primaria espressione ancora negli anni ’50 e che Mao poneva al primo posto avanti alla contraddizione tra imperialismo e popoli oppressi, rinviano il proprio ritorno in un conflitto interimperialista mondiale operando disperatamente l’imperialismo e principalmente l’imperialismo americano, con colpi di mano terroristici fondati su incipienti esigenze e giustificati con falsi colossali come la questione del possesso delle armi chimiche di distruzione di massa in Iraq, o in passato le fabbriche distrutte con assurde motivazioni in Jugoslavia o la fabbrica di aspirine in Sudan (operando con vincoli e controlli assolutamente pericolosi alla stabilità in occidente quanto illuminanti l’eticità dei capi di stato dei maggiori paesi imperialisti, come nel caso dello spionaggio inglese su Kofi Annan e sullo spionaggio americano a Bruxelles). Il che non significa che la tendenza alla guerra interimperialista sia del tutto scongiurata, solo che nella attuale situazione è nel conflitto tra imperialismo aggressore e nazioni e popoli oppressi che si esplica tutto il potenziale distruttivo del capitalismo e della sua tendenza alla guerra. Il che è in qualche modo spiegabile anche osservando il quadro della diffusione del modo di produzione capitalista nel mondo oggi.

Anche osservando sinteticamente le cifre generali statistiche della composizione della classe operaia nel mondo, possiamo vedere che gran parte della produzione di merci e del capitale variabile oggi risiede fuori dai paesi del centro imperialista [mia stima su dati statistici 1997 f.l.-2001 pop.]. Questo non è solo un fattore contingente legato al minor costo della “manodopera” ma è anche un dato che deve far riflettere. Non ci interessa quindi dedicare più di una riga alle false teorie sull’ “estinzione” della classe operaia. Piuttosto, la classe operaia ed il proletariato, come dalla scienza marxista è correttamente previsto, sono in aumento corrispondente al crescere del capitalismo ed esponenziale alla sua fase imperialista.

Anche laddove elementi specifici come quelli religiosi pare sovrastino il carattere di classe delle contraddizioni, come nel mondo islamico, questa congiunzione nella contraddizione principale è all’ordine del giorno ed i caratteri specifici hanno insita una profonda demarcazione classista, in cui la questione della donna non è secondaria ma parte essenziale di essa.