Da quando nacquero i Parlamenti borghesi, in Italia si usò il sistema dell’emiciclo per dare “rappresentanza” alle elezioni della parte di popolazione autorizzata a votare (tuttora esistono cittadini cui è vietato il voto, in Occidente).

Volevano forse mutuare la forma dei teatri antichi, o l’Agorà, concettualmente, tutti dovevano essere più vicini alla presidenza, al “luogo” deputato per esprimersi, una specie di “palco”.

Certamente nelle assemblee della rivoluzione culturale e del movimento di lotta sviluppatosi nei ’60-’70, si era cercato un superamento di queste cinture mentali, ma non è stato portato a compimento sino in fondo.

Difficile arrivarvi prima dell’avvento mondiale del comunismo.

In ogni caso la “parità” è assicurata, formalmente.

Certo i deputati notai, avvocati, medici, finanzieri, industriali, giudici, ufficiali, in passato non erano composti da un numero così alto di categorie.

In ogni caso bastava entrare in Parlamento e si sapeva con chi stare, bastava vedere il vestito, le scarpe. C’erano differenze, moralità ed etica diverse.

Oggi non pare così.

E il discorso potrebbe continuare.

In essenza il ruolo di togliatti nella storia italiana, resistenza a parte (seguiva in questo campo i buoni consigli sovietici), è stato quello di portare i rappresentanti parlamentari della “sinistra” dall’essere operai e contadini e intellettuali disinteressati e qualche avvocato dedito alla causa, dei borghesi che, una volta occupate le migliaia e migliaia di poltroncine amministrative, arrivavano al “grande giorno” della loro elezione a parlamentari, a spese di un militante di ceto sociale meno potente.

Bastano le statistiche.

Perché qualche compagno statistico invece di sciorinar cazzate non si dedica ad un serio studio storico sull’origine dei parlamentari italiani dall’unità d’Italia in poi ?

Darebbe un buon contributo all’abbattimento della sua stessa condizione sociale.

Paolo Dorigo

25-10-2006